Cari amici,
si parla molto dell’IRI come risposta ai problemi, spesso drammatici, di occupazione che stanno esplodendo in Italia.
Ho voluto raccontare la storia dell’IRI con le sue luci e le sue ombre e soprattutto spiegare che non ci sono le condizioni per rifarlo: mancano personalità come Beneduce e Menichella in grado di imporre al duce di rispettarne l’autonomia, mancano i soldi che lo Stato raccoglieva per riversarli sulle partecipazioni statali, sono maggiori le esigenze nel campo delle opere pubbliche su cui l’Italia ha colpevolmente disinvestito per troppi anni.Insomma più che di uno Stato che faccia politica industriale – che non saprebbe fare – serve uno Stato che sostenga la domanda aggregata con i propri investimenti e, in tal modo, indirettamente sostenga la produzione e l’occupazione industriale.
Con affetto,
Giorgio La Malfa  

Si sente parlare molto, a proposito di vari problemi italiani e in particolare di crisi aziendali, come l’Ilva o l’Alitalia, dell’esperienza dell’IRI che per almeno un ventennio nel secondo dopoguerra ha avuto un ruolo propulsivo nella grande trasformazione dell’Italia in un paese industriale.
Fu merito dell’IRI, ad esempio, la creazione dei grandi impianti siderurgici a ciclo continuo che consentirono la produzione dell’acciaio a basso costo e favorirono così la crescita di vari settori industriali come l’automobile.

Si ricorda anche la costruzione in tempi rapidi di una rete autostradale all’avanguardia in Europa, anch’essa affidata a una società dell’IRI o la riorganizzazione della meccanica e della cantieristica[…]

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