Cari amici,
con la decisione della Fed finisce l’era del denaro a costo zero.

Fra non molto la BCE dovrà cominciare a fare altrettanto.

L’Italia ha un piano per fronteggiare la nuova situazione?

Molto cordialmente
Giorgio La Malfa

Molti mesi fa la Federal Reserve, cioè la Banca centrale degli Stati Uniti, aveva annunziato che le condizioni dell’economia americana erano tali che poteva cominciare ad aumentare i tassi di interesse. Dopo un primo aumento, oggi, la Fed ha portato i tassi allo 0,75, ma ha già detto che si prepara ad altri aumenti fino a portare i tassi al 2% a fine 2018. L’era del denaro a costo zero è finita.

D’altra parte, con una disoccupazione sotto il 5%, l’economia americana corre e non ha certo bisogno di ulteriori stimoli e può cominciare a tornare a una situazione di maggiore normalità nel mercato finanziario.

Nell’immediato, la decisione della Fed è una buona notizia per l’economia europea, a condizione che la Banca centrale europea non segua questa mossa della Fed e non alzi essa stessa, immediatamente, i tassi in Europa.

È probabile che sarà così, perché nelle sue ultime dichiarazioni pubbliche Mario Draghi, che pure conosceva gli orientamenti al rialzo dei tassi che stavano maturando nella Fed, è sembrato deciso a non cambiare l’orientamento della politica della Bee di bassi tassi di interesse.

Dunque, se in Europa non cresceranno immediatamente i tassi, la mossa della Fed di oggi e l’attesa di ulteriori aumenti dei tassi an1ericani dovrebbe far salire le quotazioni del dollaro e quindi abbassare il cambio dell’euro. Un dollaro più forte significa un euro più debole e un euro più debole vuol dire uno stimolo alle esportazioni europee ed italiane. I segnali, seppur modesti di ripresa di questi mesi, sono tutti collegati alle esportazioni europee.

Un ulteriore rivalutazione del dollaro ci aiuterà ed è benvenuta. Il problema, però, si porrà fra qualche tempo. È chiaro che, se sa1gono i tassi di interesse americani, anche i tassi europei, prima o dopo, dovranno cominciare a crescere.

Tral’altro, la Germania, la cui disoccupazione è a livelli «americani» cioè è sotto il5%, non ha certo bisogno di tassi bassi e di moneta facile quindi la pressione nei confronti di Draghi è destinata a crescere. E inevitabile che, nel giro di qualche mese la Bce dovrà cominciare a seguire1 la Fed ed a rivedere i tassi di interesse europei verso l’alto.

Chi rischia di più in questa situazione è proprio l’Italia. Noi avremmo bisogno di lucrare sul cambio basso dell’euro verso il dollaro ed avremmo anche bisogno di continuare a pagare poco il debito pubblico, come sta avendo in questo periodo. Se i tassi di interesse cominciassero a crescere, vi sarebbe la necessità di prevedere maggiori spese per il debito pubblico e quindi un’ulteriore per il bilancio dello Stato.

L’Italia ha assoluto bisogno di non ridurre lo stimolo attuale costituito dai bassi tassi e, con il debito pubblico che ha…

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