Ho guardato con molta attenzione,  in televisione, il discorso del premier israeliano Netaniahu davanti al Congresso americano. Sono rimasto molto perplesso. L’ho trovato umanamente sbagliato nei confronti di Barack Obama, ma soprattutto politicamente non meditato.

Obama va verso la fine del suo secondo mandato. Quando i  presidenti degli Stati Uniti  sono in queste condizioni, diventano – come dicono gli americani – delle anatre zoppe, cioè hanno una presa meno forte sul Paese e sul Congresso. Per Obama la difficolta’ e’ accentuata dal fatto che i repubblicani dispongono della maggioranza in ambo i rami del Congresso e sono del tutto privi di  quello spirito bipartisan che, in genere, in passato  caratterizzava la politica estera americana.

Che senso  ha riconoscere ed anzi rivelare  che Obama avrebbe fatto  molto, sia apertamente che segretamente, per aiutare Israele in questi anni e poi aizzargli contro il Congresso? Pensa davvero Netaniahu che il Congresso possa approvare una legge che impedisca al Presidente di ridurre le sanzioni che è la principale  contropartita richiesta dall’Iran a fronte dell’accordo sul nucleare? E se questo avvenisse, non significherebbe una umiliazione del Governo degli Stati uniti anche al di la’ della questione specifica dell’Iran?

Questi – si dirà – sono soprattutto  aspetti di stile. Magari Netaniahu si sente in difficoltà in vista delle elezioni in Israele. Aveva bisogno degli applausi di un foro internazionale ed se li e andati a cercare senza andare troppo per il sottile.

Quello che, invece, mi ha colpito è l’aspetto politico del discorso di Netaniahu. Mi sono chiesto e non so darmi risposta: qual’e l’obiettivo che Netaniahu si e’ proposto con il suo intervento?

Certo, se voleva impedire l’accordo con l’Iran, semmai, dopo questo discorso, esso appare piu’ probabile, come osservava  stamani il Financial Times. E’ quasi impossibile per  Obama fare marcia indietro dopo essere stato accusato di farsi prendere per il naso dagli iraniani.  Netaniahu aveva un modo molto migliore per inserirsi nel negoziato e per  creare qualche difficoltà sulla strada dell’accordo con l’Iran. Avrebbe potuto rivolgersi rispettosamente al Presidente, dirgli che Israele si fidava comunque del giudizio degli Stati Uniti, ma richiamava la loro attenzione su alcuni dei contenuti sui quali bisognava vigilare – per esempio la durata degli accordi o le garanzie sull’accesso dell’Agenzia di Vienna all’Iran per le verifiche. Un discorso di  questo tipo avrebbe costretto  l’America a uno sforzo  supplementare nel negoziato con l’Iran.

Netaniahu, invece, ha scelto di dare per acquisito l’accordo fra l’Iran, gli Stati Uniti e gli altri paesi che sono al tavolo delle trattative e ne ha dato un giudizio cosi’ drasticamente negativo da togliere ogni margine per ulteriori negoziati. In sostanza ha spinto verso l’esito che piu’ egli teme, cioe’ alla stipulazione dell’accordo con  l’Iran. E poiche’ non posso pensare che questo fosse l’obiettivo di Netaniahu, ne deduco che ieri ha fatto una mossa sbagliata e priva di senso.

Potrei sbagliarmi, ma guardandolo attentamente mentre parlava, ho avuto la sensazione che egli stesso si  sia in qualche modo  reso conto che stava facendo un errore e che gli applausi dei repubblicani non compensano i danni di una  rottura con il Governo degli Stati Uniti.

Giorgio La Malfa

 


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