“Cari amici,

in questa lettera aperta indirizzata a Roberto Benigni, ma rivolta idealmente a molti fra coloro che sono orientati a votare si non per ragioni di schieramento, Massimo Andolfi ed io abbiamo cercato di mettere in luce quello che è il maggiore rischio politico insito nella riforma costituzionale anche per il modo in cui Renzi ha posto ed affrontato il tema. Ed è per questo che ci auguriamo che prevalga il No.
Ma vi è di più. In un’intervista al Messaggero di ieri Renzi ha difeso la legge elettorale vigente (il cosiddetto Italicum): se domenica dovessero prevalere i sì, andremmo rapidamente ad elezioni e vi andremmo probabilmente con questo sistema elettorale, con la certezza di consegnare il Parlamento a una minoranza ed il rischio che possa prevalere il cosiddetto populismo. A me pare che stiamo facendo correre al nostro Paese dei rischi eccessivi.”

Giorgio La Malfa

Contraddizioni Caro Benigni, chi vota Sì modifica anche la prima parte della Costituzione

Caro Benigni, tra pochi giorni i cittadini dovranno convalidare oppure no una modifica di oltre 40 articoli della Costituzione approvata da una ristretta maggioranza.
Lei, che in passato ha saputo trovare parole eloquenti per difendere la nostra Carta, questa volta voterà sì. Noi non pensiamo che lei abbia tradito le sue convinzioni, né dimenticato le sue parole. Pensiamo che, come molti altri – intellettuali, uomini dello spettacolo, giornalisti, insegnanti – che nel 2006 non avevano avuto esitazioni nel votare No a una vasta modifica costituzionale imposta a maggioranza, sia stato convinto da un argomento adombrato in questi mesi dai sostenitori del Sì. Adombrato, ma non valutato.

L’argomento è che la nostra Costituzione è fatta di due partiseparate:una prima parte con i valori da non toccare; una seconda che riguarda la macchina dello Stato che può e anzi deve essere aggiornata perché i tempi sono cambiati. La prima parte indicherebbe le destinazioni e la seconda il veicolo che dovrebbe portare gli italiani verso di esse. Le destinazioni, i valori di cui lei ha parlato poeticamente, i valori della lotta di Liberazione da cui è nata la Costituzione, quelli sarebbero intoccabili; sul veicolo invece si potrebbe, senza rischi, intervenire.

Ma qui lei e tante brave persone rischiano di sbagliare, perché nulla sancisce la distinzione fra le due parti.

Per 70 anni, tre elementi hanno protetto la Carta: l’e quilibrio tra i poteri dello Stato; l’utilizzo dell’ art.138 per operare revisioni di singoli aspetti della Costituzione e non per una ‘riforma’ di essa e cioè esercitando un potere costituito e non il potere costituente che spetta solo al popolo; il rigetto, infine, dell’idea che la maggioranza politica di turno, che è poi sempre una minoranza del Paese, possa alterare la nostra democrazia. Questo del resto fu il motivo per cui sentimmo di dover dire No alla riforma proposta dalla sola maggioranza di centrodestra qualche anno fa.

La riforma su cui siamo chiamati a pronunciarci non solo contrasta con questi criteri, ma apre un cantiere di modifiche costituzionali, elettorali e regolamentari, destinato a rimanere aperto per anni. Insomma, caro Roberto, chi ci garantisce l’intoccabilità della prima parte, una volta che si è avallata la decisione di travolgere 40 articoli? Ovviamente non pensiamo certo che l’attuale maggioranza si prepari a farlo.

Ma quelle che verranno dopo di essa? Certo lei, noi e tanti altri scenderemo in piazza contro i propositi di toccare i diritti fondamentali.
Ma ci potranno dire che la porta non l’hanno aperta loro, ma il partito in cui sono confluite le due maggiori tradizioni politiche del dopoguerra, quelle della Costituzione del ’48. In un momento storico in cui gli elettori delle principali democrazie sembrano preda di inattese pulsioni, perché stabilire il precedente che le regole sono modificabili a colpi di maggioranza? Perché, Benigni, era così forte il suo messaggio ne La vita è bella?
Non certo perché stiamo rivivendo gli orrori del nazismo, ma perché lei ammoniva che quella malattia non è risolta per sempre. Ci ripensi, e con lei quella parte dell’Ita lia che non dimentica, che non può dimenticare, che non ha il diritto di dimenticare.

Giorgio La Malfa e Massimo Andolfi

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